Massimiliano Alvini, il trionfo del percorso

Tra i narratori più importanti del Novecento italiano è innegabile menzionare Italo Calvino. Tante opere, alcuni delle quali cruciali per la letteratura del Belpaese, spesso foriere di riflessioni applicabili nella vita al di là dei libri. Nell’eredità del nativo di Santiago de las Vegas troviamo, come noto, Il Barone Rampante, ed è in questo romanzo che troviamo il seguente passaggio: “Anche per chi ha passato tutta la vita in mare, c’è un’età in cui si sbarca”. Qual è il senso di tutto ciò? Quello di applicare questa introduzione a un uomo che il grande calcio ha conosciuto ma che al calcio ha dedicato la propria vita prima che arrivassero le luci della ribalta: Massimiliano Alvini.

Gli esordi da allenatore: UISP e Promozione fino alla Serie BKT

Tu guarda nei miei occhi, e trovaci un domani. E appena avrai finito, prova a raccontarmelo se puoi. Tu passa fra I miei occhi, fra polvere e rottami”. Così canta Luciano Ligabue, ed è proprio fra polvere e rottami che Massimiliano Alvini ha cominciato la propria carriera da allenatore. Era la stagione 1995-1996 e, per qualche anno, Alvini si è seduto sulle panchine dell’UISP, prima di passare – nel 2000 – alla guida del Signa, in Promozione. Lì è partita la scalata, edificata in ventuno anni e settecentosessanta incontri, come ricordato dall’allenatore del Perugia nell’ultima conferenza stampa, che lo porterà tra poche ore a giocarsi il turno preliminare dei playoff di Serie BKT contro il Brescia.

 

Perugia, la forza è stata il gruppo

Il Perugia, nel corso dell’annata che abbiamo avuto modo di osservare e raccontare, ha brillato per coralità, gioco, protagonismo, personalità. Tratti che hanno traslato l’attenzione dai singoli al gruppo, la vera arma in più della compagine neopromossa in Serie BKT. Tutto ciò è stato possibile grazie al raffinato credo tattico di Massimiliano Alvini, che ha avuto l’ulteriore merito di saperlo trasmettere – ecco il perché del sottotitolo – con la lucidità di un generale ma la passione quasi carnale di un giovane soldato, desideroso di essere una parte per il tutto e non una parte fuori dal tutto. Alvini dialoga, spiega, chiede, si confronta: studiare il Perugia restituisce la tangibile sensazione che il tecnico sia consapevole della più grande bugia da applicare nello sport, ovvero quella che tutti i calciatori debbano essere trattati allo stesso modo, come Julio Velasco ebbe modo di dire a Pep Guardiola.

Recuperando e leggendo le dichiarazioni dei calciatori del Grifo, ma è un esercizio applicabile anche alla Reggiana della scorsa annata, non c’è stato un passaggio critico o capzioso con riferimento all’allenatore. Mirko Carretta ha esemplificato con chiarezza questo passaggio: “Se Alvini ci dicesse di buttarci da un burrone, metto per iscritto che tutti lo faremmo”. Una stima umana, prima che professionale, ribadita anche da Cristian Dell’Orco: “Il grande pregio di Alvini è nel lavoro mentale. Ho avuto ottimi allenatori (menzionati nella domanda Italiano, Andreazzoli, De Zerbi, ndr), ma lui ha un metodo di lavoro diverso”.

 

La risposta è nel percorso

Organizzazione come strumento per migliorare i singoli; capacità di saper filtrare le proprie idee così da permettere a calciatori con personalità ovviamente differenti e variegate di poter creder nel percorso. Questi gli ingredienti con cui Alvini ha plasmato una squadra che, da neopromossa, ha avuto il merito di trasformare l’utopia in sogno e il sogno in obiettivo. Abbiamo menzionato la parola chiave: percorso. Quello che, assieme al gioco, ha permesso a Massimiliano Alvini di edificare un Perugia grande tra le grandi. Dopo ventuno anni di navigazione, è arrivato il momento di sbarcare. Partito dalla polvere, diretto verso l’Eden del calcio: Massimiliano Alvini, una carriera da raccontare.

 

 

Nella foto LaPresse l’allenatore del Perugia Massimiliano Alvini

Fonte: LEGA BTK – legab.it

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