Da quella mitica cena a Roma alle interviste a Mennea, Maradona, Platini, Tommie Smith e molti altri
Eravamo io, Muhammed Alì, Bob De Niro, Gabriel Garcia Marquez e Sergio Leone. E io era sempre Gianni Minà, stella tra le stelle. Minà che riusciva a mettere insieme i pianeti più lontani, univa i puntini, disegnava le trame che in molti gli invidiavano, inventava mondi popolati da fuoriclasse e intellettuali, nell’allegra baraonda di spettacolo e sport che ne uscivano impastati di cultura. Alfiere del giornalismo controcorrente, testimone del suo tempo – il Novecento; Minà aveva quel modo gentile di offrire il microfono, un porgere affettuoso.
Entrava sempre bussando, di sguincio, creava empatia come nessun altro. Lo faceva per la fiducia di cui godeva e per l’onestà che metteva in circolo. Un giorno discuteva con Nelson Mandela, il giorno dopo custodiva i segreti di Maradona. Un giorno volava da Fidel Castro, il giorno dopo rincorreva…