Esigente e combattivo come il tecnico del Napoli, il portoghese ha dato subito una svolta e ha recuperato Leao. Ma ora viene il difficile…
Il calcio a reazione di Sergio Conceiçao. Il nuovo Milan ha reagito alla deriva della gestione Paulo Fonseca ed è riemerso dagli svantaggi contro Juve e Inter in Supercoppa. Reazione è la parola chiave del primo miglio milanista di Sergio Conceiçao, allenatore appena arrivato e subito vincente. Chi corre controvento dimostra carattere, temperamento e resistenza, valori che Conceiçao ha inculcato alla squadra nei due intervalli di Riad. Nel quarto d’ora di pausa contro l’Inter, ha spaccato un televisore, per rendere meglio l’idea. E niente giorno di riposo, nonostante la vittoria e il lungo volo di rientro: lavoro continuo, chi sgobba ottiene.
Ieri il West Ham ha esonerato Julen Lopetegui, che a primavera inoltrata era la prima scelta del Milan per sostituire Stefano Pioli. L’affare era chiuso e venne smontato dai tifosi rossoneri attraverso una protesta massiccia e preventiva. Il piano B, Paulo Fonseca, non ha funzionato lo stesso e oggi, forti del senno di poi, è facile fare due più due: Lopetegui e Fonseca erano opzioni sbagliate. In estate, la gran parte dei milanisti avrebbe voluto Antonio Conte, ma l’ex ct era troppo costoso ed esigente per i parametri del club. Nell’inverno del loro scontento, Cardinale e Ibrahimovic hanno virato su Sergio Conceiçao, a suo modo una specie di Antonio Conte portoghese, per come si relaziona con il gruppo e per come vive le partite. Esige fatica e impegno, sudore e sofferenza, tale e quale l’allenatore del Napoli. I due si somigliavano come giocatori, nella diversità dei ruoli. Conte era un mediano d’assalto, Conceiçao un’ala destra combattiva. Tutti e due mostravano tempra e personalità, qualità perpetrate nelle seconde vite da allenatori. Come direbbe Rino Gattuso, se si nasce quadrati, non si può morire rotondi. Gli spigoli aiutano a difendersi dagli urti degli avversari e dei critici.
Sarebbe però scorretto incasellare Conte e Conceiçao alla voce “motivatori e basta”. Con le sole motivazioni non si va da nessuna parte, sennò i migliori tecnici sarebbero i mental coach. E se osservassimo la settimana di Supercoppa da una prospettiva opposta, potremmo dire che Conceiçao non è stato bravo a spronare la squadra in avvicinamento alle due partite, altrimenti il Milan non avrebbe chiuso i due primi tempi con risultati sfavorevoli. Conceiçao è stato abile e intelligente a correggersi in corsa, a modificare le formazioni e i sistemi, ad azzeccare le sostituzioni, tutte cose che in media riescono bene allo stesso Conte.
Ora viene il bello e il difficile. Nessuno sottovaluterà il Milan, tutti hanno capito che Conceiçao ha portato qualcosa di nuovo, che la squadra non è più incline ad afflosciarsi come accadeva con Fonseca. L’uomo immagine del cambiamento è Leao. Non avremmo scommesso sul suo adattamento al calcio socialista di Conceiçao, in cui tutti devono contribuire alle due fasi. Leao, con le sue pause trotterellanti, sembrava l’antitesi del “sergismo”. Nella ripresa del derby di Riad, si è visto uno dei migliori Leao di sempre. Conceiçao lo ha portato subito dalla sua parte, adesso deve abituarlo alla continuità.
Riaggancio del treno che porta al quarto posto; qualificazione agli ottavi di Champions; Coppa Italia come secondo trofeo da conquistare, tipo Simone Inzaghi nella prima stagione all’Inter: sono gli obiettivi del nuovo Milan di Conceiçao e sono tutti fattibili. Sabato a San Siro, contro il Cagliari, ci aspettiamo che il Milan sferri il primo colpo, non che lo subisca. Conceiçao ha dimostrato di conoscere l’arte del calcio a reazione, ma dopodomani ci immaginiamo un Milan “ad azione”. È impossibile vivere di sole rimonte.
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