Soldi e iperprofessionismo da una parte, errori inspiegabili dall’altra: tocca a Rocchi e Rosetti migliorare la situazione
Se proprio vogliamo dirla tutta, il disastro degli arbitri nelle eurocoppe ci dà un piccolo motivo di consolazione: non abbiamo l’esclusiva, il livello dei direttori di gara è modesto, modestissimo anche fuori dai nostri confini. Mai come stavolta, però, mal comune non è mezzo gaudio, perché il calcio – ovunque, non solo in Italia – ha assoluto bisogno di decisioni eque e regole chiare. Caratteristiche che oggi non appartengono né al nostro movimento né a quello internazionale. Qualcosa deve cambiare, qualcuno deve intervenire. A cominciare da chi stabilisce le norme, che non possono essere queste: ne occorrono di trasparenti, non soggette a interpretazioni che determinano decisioni difformi.
i responsabili
—Ma hanno un ruolo decisivo anche i designatori: il nostro, Rocchi, e l’uomo che sceglie gli arbitri per l’Uefa, che è nostro pure lui, cioè Rosetti. Nella settimana europea abbiamo assistito a situazioni ai confini della realtà, e in mezzo ci sono finite due squadre italiane. La più paradossale, il rigore concesso al Bruges contro l’Atalanta: una decisione sconcertante dell’arbitro – il turco Meler – non corretta dal Var. Sembrava di essere in Serie A, e non perché in campo c’era la squadra di Gasperini: noi siamo tristemente abituati a episodi del genere. Più complessa la vicenda che ha coinvolto la Roma, perché non è riferita a un errore evidente ma alla gestione complessiva della gara contro il Porto. Ranieri, indiscutibilmente un gentleman, se l’è presa come mai era accaduto in decenni di carriera: ha citato numeri (un arbitro indicato come casalingo), amici con i quali si è consultato (Mourinho?), soprattutto Rosetti, additato come il colpevole numero uno perché reo di avere mandato il tedesco Stieler a dirigere quella gara. L’immagine mai vista di un allenatore e di un uomo serio come Claudio, furibondo con l’arbitro al punto da invitare i suoi calciatori a non salutarlo “perché non lo merita”, ha stupito l’Europa.

soluzioni strutturali
—Ha esagerato? Può essere. Ma possiamo interpretare il suo sfogo anche da un altro punto di vista: se perfino lui ha perso la pazienza e ha avuto una reazione così clamorosa, significa che l’atteggiamento di Stieler è stato davvero insopportabile. Sia chiaro: non possiamo nemmeno pensare che l’Uefa e Rosetti ce l’abbiano con l’Italia, anche se gli arbitri di Bruges e Oporto hanno complicato il cammino europeo dei nostri club (e penalizzato la Serie A nella corsa al quinto posto in Champions). E non prendiamo neppure in considerazione l’idea che da parte del designatore della Uefa ci sia un’avversione nei confronti della Roma risalente addirittura ai tempi nei quali in campo aveva a che fare con Totti, De Rossi e Cassano. Il complottismo non è il modo giusto per affrontare una situazione d’emergenza come questa. Bisogna semmai prendere atto che il caso arbitrale ha assunto una dimensione inaccettabile. E che d’ora in avanti, in Italia e in Europa, tra scudetto e Champions, ogni errore peserà ancora di più. La verità è che il calcio e gli arbitri sembrano andare a due velocità differenti. Molto differenti. Da una parte ci sono milioni di euro, di spettatori, di telespettatori: un giro vorticoso di denaro e di interesse, un mondo iperprofessionistico che vuole sempre crescere. Dall’altra c’è una realtà – quella arbitrale – che non tiene il passo. Le regole, soprattutto alcune, non sono chiare, spesso gli stessi arbitri danno la sensazione di non sapere come interpretarle; il livello tecnico di troppi direttori di gara è inadeguato; l’utilizzo del Var è ogni volta un’avventura, non si capisce come sia possibile che lo strumento – uno strumento preziosissimo – sia impiegato in modo così approssimativo. Con queste premesse, è inevitabile guardare con preoccupazione alla parte decisiva della stagione. In Italia e in Europa.
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