Il caos attuale nel mondo rossonero non giova, ma il Diavolo sa già come si fa (anche da sfavorito). Tra rivalità cittadina, amor proprio e la giusta tattica, ecco le strade percorribili per un altro sgambetto ai cugini
Se si vanno a ripescare umori, proiezioni, previsioni e fatalismo vario tra i tifosi rossoneri nei giorni prima del 22 settembre e del 6 gennaio, lo scenario è praticamente lo stesso: andrà malissimo, sarà un massacro, siamo condannati. Il 22 settembre e il 6 gennaio sono le date in cui sono stati giocati i primi due derby stagionali e, in effetti, il Milan non partiva propriamente con i favori del pronostico. Una delle leggi più vecchie della stracittadina – questa in particolare -, però, recita che partite come queste a volte sfuggono alla logica e all’umana comprensione. E infatti: due vittorie rossonere all’ultima curva, persino con trofeo in dote. Ecco, adesso ci risiamo e la domanda, retorica, aleggia di nuovo: com’è possibile pensare che il Milan, nelle condizioni attuali, riesca a dare il terzo dispiacere stagionale ai cugini? Proviamo a dare qualche risposta e percorrere qualche strada plausibile, ricordando che l’ultimo tris rossonero consecutivo risale al 2011.
forza di reazione
—Diciamo che, volendo stendere una classifica del coefficiente di difficoltà in base alle proprie problematiche, questa è senz’altro la salita più ardua. In questo momento il Milan è semplicemente nel caos: gioco assente, giocatori senz’anima, mercato isterico, Champions attuale mal gestita e futuribile a rischio, allenatore in tackle su tutto e tutti. Eppure è stato proprio Conceiçao a fornire alla squadra un bene di prima necessità che prima mancava: la forza di reazione, la capacità di sistemare le situazioni. Delle otto partite con Sergio alla guida, la metà hanno registrato vittorie ottenute in rimonta. Una di queste è stata proprio la finale di Riad, con un’Inter incredula di fronte ai gol di Pulisic e Abraham negli ultimi tredici minuti della sfida. Molto banalmente, il Milan potrebbe ripartire da qui. Della serie: sappiamo già come si fa. Se c’è riuscito due volte, partendo da (ampiamente) sfavorito, perché non riporre una ragionevole dose di fattibilità?
passi cruciali
—Si entra evidentemente nei meandri delle teste rossonere, ovvero quel tasto su cui batte ripetutamente Conceiçao – il famoso “frigo vuoto”, la famosa “base” che ora come ora non c’è – e su cui non a caso batteva forte anche Fonseca. Entrambi accomunati dalle stesse riflessioni: il problema del Milan non è tattico, non è tecnico, ma mentale. Eppure un gruppo di lavoro che ha, appunto, già vinto due derby e sbancato Madrid dovrebbe riuscire a rendersi conto della propria forza. Uno dei passi cruciali per cercare il tris contro i nerazzurri sarà guardare avanti, nel senso pratico della porzione di campo davanti a sé. Il Milan ha preso il primo gol a Zagabria perché ha trasformato un’azione offensiva, che era arrivata nell’ultimo quarto di campo, in un ripiegamento totale verso la porta di Maignan. Un retropassaggio dietro l’altro fino all’erroraccio di Gabbia, che è tecnicamente grave ma non avrebbe visto la luce se la squadra avesse completato normalmente la fase offensiva. E’ un questione di responsabilità: tentare la giocata, provare il dribbling, immaginare un inserimento e non limitarsi all’ordinaria amministrazione. È – anche – così che si vince un derby.
il sistema di gioco
—Un’altra parte la gioca – o sarebbe meglio dire dovrebbe giocarla – l’amor proprio. L’amor di carriera, un altro concetto rimarcato da Conceiçao nelle ultime ore. Ci sono giocatori diventati la copia sbiadita di se stessi. Giocatori vaganti per il campo, senza coraggio e senza anima. Cattivi gestori del loro stesso cartellino e beneficiari di un sistema dove a pagare sono sempre gli allenatori. Un senso di impunità che peraltro ora sta venendo messo alla prova: quando cambia l’allenatore a metà stagione e i problemi persistono, gli alibi cadono per tutti. Per provare a portarsi a casa i tre punti domenica, infine, c’è ovviamente anche un discorso tattico. In campionato Fonseca aveva incartato Inzaghi con un 4-2-4 che poggiava sul doppio centravanti, ovvero con Morata a fare movimento intorno ad Abraham e, allo stesso tempo, a schermare l’avvio di gioco nerazzurro. In Supercoppa invece Conceiçao aveva iniziato col classico 4-2-3-1 ma anche lui l’aveva portata a casa passando al 4-2-4 e grazie ai cambi (Leao, Abraham). Quella sera Hernandez fu decisivo, come faceva spesso fino a un po’ di tempo fa: Theo, negli stimoli necessari per conquistare anche questo derby, rientra senza dubbio nella casella dell’amor proprio.
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