Lazio e Parma, Baroni e Chivu: quando il passato si intreccia con il presente

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Due allenatori che possono indirizzare la corsa scudetto e far gioire i loro vecchi tifosi

Giornalista

Il calcio è vita e, proprio come nella vita, curiosi intrecci organizzati dal destino ne governano i meccanismi. Esattamente come accadrà domenica, quando un allenatore ex interista dovrà cercare di fermare il Napoli per fare un favore all’Inter, mentre negli stessi istanti un ex giocatore del Napoli dovrà cercare di fermare l’Inter per fare un favore ai partenopei. Storie che s’incrociano in questa volata per lo scudetto che assomiglia a un romanzo venuto fuori dalla penna di uno scrittore di gialli. Il “colpevole” lo scopriremo alla fine della giornata, o forse bisognerà attendere ancora un’altra settimana. Chissà… Cristian Chivu e Marco Baroni, c’è da scommetterci, al passato non avranno tempo di pensare, perché dovranno guidare il Parma e la Lazio oltre gli ostacoli, però nella memoria della gente, perlomeno di quelle persone che li hanno visti protagonisti sul campo, certe immagini non potranno non tornare.

allenatore da giocatore

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Chivu che vince il Triplete nell’Inter del comandante Mourinho: lo scudetto, la Champions League e la Coppa Italia. E lo fa indossando un caschetto in testa, per proteggersi dopo il terribile infortunio del gennaio 2010. È il simbolo della resistenza e della tenacia, del coraggio e, forse, anche dell’incoscienza. Chivu è un pilastro di quella squadra, è l’uomo che dà equilibrio al reparto difensivo, è colui che permette certe mosse tattiche che Mourinho studia con attenzione, ad esempio Eto’o che si sacrifica e rientra sulla fascia sinistra come se fosse un normale esterno di centrocampo e non un fantastico attaccante. Chivu, già da calciatore, è un allenatore in campo, uno che osserva e prende mentalmente appunti, guarda come si muovono i rivali e pensa alle contromosse.

col parma pensando all’inter

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Quindici anni dopo si ritrova a essere lui il Mourinho della situazione. Sulla panchina del Parma, che ha bisogno di un ultimo scatto per raggiungere la salvezza e, per riuscirci, deve superare il Napoli e fare così un regalo ai suoi vecchi amici nerazzurri. Chivu non ha il temperamento del maestro Mou, ma dell’esperienza nerazzurro agli ordini dello Special One ricorda ogni momento, ogni dettaglio. E se li conserva con gelosia, distribuendoli, con l’attenzione di un farmacista, ai suoi allievi di oggi, che non sono nemmeno paragonabili ai suoi compagni dell’Inter del Triplete però possono fare tesoro di qualche insegnamento e, grazie alle conoscenze acquisite, magari raggiungere quel traguardo inseguito per una stagione intera. Consegnare, anche se indirettamente, un altro scudetto all’Inter sarebbe, per Chivu, una forma di ringraziamento: non è un mistero che l’allenatore romeno sia rimasto molto legato al club nerazzurro, con il quale ha iniziato la carriera in panchina guidando le squadre del settore giovanile e vincendo un campionato Primavera. Il destino, che a volte è avaro e a volte invece sa essere prodigo di possibilità, gli offre un’occasione irripetibile. Ricevere telefonate o messaggi di ringraziamento da Milano, domenica sera, vorrebbe dire aver reso felici due società: quella di ieri, cioè l’Inter, e quella di oggi (e forse di domani), cioè il Parma.

baroni col napoli

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Più lontano è il ricordo di Marco Baroni, bisogna riavvolgere il nastro di trentacinque anni. Stagione 1989-90, lui è lo stopper del Napoli di Maradona, Careca e Carnevale. È al suo primo campionato con i partenopei che, per acquistarlo dal Lecce, hanno speso due miliardi più il cartellino di Carannante. Di lui si dice un gran bene, e le prestazioni non fanno che confermarlo. È bravo nell’anticipo, è forte di testa, sa giocare quando gli tocca impostare l’azione. E, soprattutto, si è integrato alla perfezione in un ambiente dove c’è un re, Maradona naturalmente, e una corte che lo sostiene, lo protegge e ne sopporta le esagerazioni perché da lui trae benefici. I consigli dell’allenatore Albertino Bigon gli servono per correggere piccoli difetti e proseguire nel processo di maturazione. In quella stagione, piuttosto tumultuosa perché è quella della monetina che colpisce Alemao sul campo di Beramo, e quella del Milan di Sacchi che viene fermato al Bentegodi dal Verona e dai fischi dell’arbitro Lo Bello, il ventiseienne Baroni si concede il lusso di segnare pure due gol. Per uno stopper, mica male. E non sono due gol da poco, visto che il primo, realizzato contro il Bologna, è il gol numero 3000 nella storia del Napoli, e il secondo, contro la Lazio, all’ultima di campionato, è quello che certifica la conquista dello scudetto.

con la lazio pensando al napoli

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E adesso, trentacinque anni dopo, a Baroni è concessa l’opportunità di far felice ancora una volta il popolo di Napoli. È sufficiente che fermi l’Inter a San Siro, che la tenga lontana dalla vetta, e poi la gioia esploderà, e per lui sarà come tornare ragazzo quando Diego Armando Maradona era il nome di un suo compagno di squadra e non quello di uno stadio. Logico che sia Chivu sia Baroni si metteranno in gioco per garantire il successo alle società di cui sono attualmente dipendenti, il Parma e la Lazio, ma è legittimo immaginare che, magari nelle ore della vigilia, quando c’è da riempire un piccolo vuoto di tempo con un ricordo, entrambi tornino con la memoria a quello che è stato. D’altronde, non si dice sempre che capire il passato è un buon metodo per affrontare il presente? Ecco che Chivu e Baroni, stando sulle panchine di Parma e Lazio, hanno l’opportunità di riavvolgere il nastro del tempo e di riappropriarsi (in senso figurato) della loro giovinezza. È un privilegio che non a tutti viene concesso, e per questo dovrebbe essere grati al destino che ha scritto questa storia.

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