Calabria, Kalulu, Tomori, Theo: tra chi se n’è andato e chi è regredito, la linea difensiva su cui il Diavolo aveva costruito il titolo non c’è più. Ed è successo in tempi rapidissimi
La messa a punto vera e propria deve ancora vedere la luce (chissà se succederà mai entro la fine della stagione) e quindi, nel frattempo, la difesa rossonera – intesa strettamente come reparto: la fase difensiva è un’altra cosa – sta cercando faticosamente di darsi una sistemata in vista degli ultimi tre mesi. Di base, Thiaw, Pavlovic, Tomori e Gabbia sono quattro centrali – chi più, chi meno – mediamente affidabili, e Walker è stato un arrivo di spessore. Però fa un certo effetto pensare che dallo scudetto non sono passati nemmeno tre anni. Eppure di quella linea difensiva – tra chi ha salutato e chi è regredito – non c’è praticamente più traccia.
disgregazione
—Il caso è abbastanza clamoroso perché il tempo trascorso è breve e, in pratica, è stato disperso un patrimonio tecnico. Quello che era un fiore all’occhiello della squadra. Perché giova ricordare che lo scudetto numero 19 è planato su Milanello soprattutto grazie alla difesa. Per dire: nella volata finale che ha permesso di mettere le mani sul titolo, il Diavolo in undici partite (da Napoli in poi) aveva incassato la miseria di due gol. E ha concluso il campionato con la miglior difesa (assieme al Napoli): 31 reti subite, ovvero 0,8 a partita. La linea difensiva era composta da Calabria, Kalulu, Tomori e Hernandez. Era impossibile pensare a una disgregazione così rapida di quel reparto. Kalulu e Tomori parevano una coppia di centrali destinata a un matrimonio lungo, Calabria giocava con la sicurezza del veterano e l’orgoglio del ragazzo cresciuto al Vismara e Theo, beh, era semplicemente “quel” Theo, e non questo.
fischi e infermeria
—In due hanno salutato. La parabola di Calabria a un certo punto ha iniziato una fase calante lenta ma costante, appesantita anche da diverse problematiche fisiche, fino al punto in cui si è addirittura ritrovato fischiato da San Siro, relegato in panchina, scavalcato dai nuovi acquisti, in rotta di collisione con l’allenatore e degradato da capitano a soldato semplice. Fino a quando è stato impossibile proseguire anche soltanto per un ultimo semestre e Davide si è trasferito a Bologna. Kalulu invece ha scelto la Juve. Cioè, mica tanto scelto: fosse stato per lui, in realtà, non si sarebbe mosso da Milanello, ma la scorsa stagione è stata particolarmente avara di sorrisi, trascorsa per lo più in infermeria, e al di sotto dei suoi standard di rendimento quando è stato messo in campo. Una cessione (diritto di riscatto) peraltro criticata dalla maggior parte dei tifosi, sia perché Pierre è finito in una diretta concorrente per l’Europa, sia perché il francese può giocare esterno e centrale, sia perché il suo successore – Emerson Royal – ha avuto un rendimento tutt’altro che soddisfacente. Tanto che il club ha dovuto ulteriormente correre ai ripari a gennaio con Walker.
evoluzione
—La stagione di Hernandez invece è il più grande mistero del Milan ’24-25. La peggiore da quando il francese è in rossonero, per molti versi l’involuzione è inspiegabile e la pietra tombale è arrivata con la follia in Champions. Quello che era uno dei migliori terzini sinistri al mondo, e studiava per piazzarsi in cima al podio, non esiste più. L’evoluzione della sua vita in rossonero lo sta portando lontano dal Milan, presumibilmente già in estate. Infine, Tomori. Fra tutti e quattro, è quello che in fondo ha resistito meglio. Ma, appunto, parliamo di resistenza, non del muro sereno con cui gestiva le situazioni tre anni fa. L’inglese ha alternato prestazioni di livello ad amnesie importanti e peraltro non riesce a trovare continuità di impiego nemmeno con Conceiçao. Per la cronaca, la scorsa estate era anche lui sul mercato.
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