Inter-Napoli e la rimonta scudetto di Inzaghi e Conte

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Solo una squadra ha perso un titolo con un vantaggio di 3 o più punti a 4 giornate dalla fine: i bianconeri… di Antonio. Ora il punto è diventato uno. Era il 14 maggio 2000

Giornalista

L’ultima volta che la ruota del destino ha cambiato verso erano le 17,17 e il sole faceva a cazzotti con la pioggia. Solo a Perugia. Simone Inzaghi e Antonio Conte tornano a giocarsi uno scudetto nelle ultime due giornate 25 anni dopo un pomeriggio storico, quasi mistico, dove il genio di Agatha Christie contaminò l’Olimpico di Roma e il Curi di Perugia.

17.17

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La Lazio conquistò uno scudetto da romanzo dribblando pioggia e scaramanzia. Tre gol alla Reggina – di cui uno firmato da Inzaghi su rigore –, l’addio al calcio di un Mancini portato sulle spalle da Attilio Lombardo e un’attesa di tre ore in un Olimpico strapieno per conoscere il destino: secondo posto, spareggio o scudetto. Alla fine, fu storia. Alessandro Calori fulminò Van der Saar alle 17,17 e consegnò il titolo ai biancocelesti dopo una rimonta storica partita da -9. Alla trentunesima giornata la Juve aveva cinque punti di vantaggio sulla banda Eriksson (il campionato aveva 18 squadre). Nessun’altra squadra ha mai perso un titolo con un distacco simile a quattro giornate dalla fine. Quest’anno lo scenario è simile: Napoli era +3 a quattro giornate dal termine, ora il distacco si è ridotto a un punto. Squadre diverse, ma stessi attori in ruoli differenti. Inzaghi e Conte sono di nuovo lì, a battagliare a distanza con altre maglie senza perdere di vista il tricolore. Gli anni chiave sono due: il 2000 e il 2002. Nell’ultimo, Conte trionfò all’ultima giornata grazie al 4-2 della Lazio sull’Inter all’Olimpico. Era il 5 maggio. Uno dei quattro gol lo segnò Simone Inzaghi.

rimonta insperata

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La rimonta della Lazio parte il 30 aprile 2000: la Juve crolla a Verona sotto i colpi di Fabrizio Cammarata, mattatore di giornata con due gol, mentre i biancocelesti rifilano tre gol al Venezia in casa. Uno di questi a firma proprio di Inzaghi. Il 7 maggio invece – trentatreesima giornata – diventa il giorno delle polemiche. La Juve passa 1-0 a Parma tra le proteste. Il pomo della discordia è un gol regolare annullato a Fabio Cannavaro all’ultimo minuto dall’arbitro Massimo De Santis. “È meglio lasciare questo campionato e farne uno europeo con arbitri professionisti”, tuona Cragnotti, mentre De Santis – contrariamente a quanto prevede il codice federale – parla così all’Ansa: “Ho fischiato prima dell’intervento di Cannavaro. Quando il Parma ha battuto l’angolo c’erano due giocatori gialloblù che spingevano gli juventini. Il gioco era fermo, per me l’azione era terminata. Al momento della deviazione quindi, i giocatori, tranne Cannavaro e l’avversario che lo contrasta, erano fermi”. Il commento di Conte fu lapidario: “Cercano sempre di sporcare la nostra stagione. Non ci ha regalato niente nessuno. Se vinceremo lo scudetto, sarà merito nostro”. Il pomeriggio dell’11 maggio, una manifestazione dei tifosi laziali in protesta sotto la sede della Figc si trasforma in una guerriglia contro le forze dell’ordine: decine di arresti, traffico bloccato, sampietrini sradicati dalla strada e una ventina di feriti lievi. Gli ultrà minacciano di fermare perfino la partenza del Giro d’Italia, in programma a Roma due giorni dopo, ma alla fine vengono esposti solo striscioni contro le decisioni di De Santis.

il giubileo

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La Lazio centrò uno scudetto insperato contando i minuti. Alle 15,15 la Juve era campione d’Italia, tra le 15,30 e le 17,15 lo spareggio sembrava inevitabile, poi il gol di Calori alle 17,17 e la festa dell’Olimpico. Prima della sentenza di Eriksson: “Se domani uscisse un giallo, non sarebbe migliore di quello visto oggi all’Olimpico”. Un’ode ad Agatha Christie e alle coincidenze. Anche il 2000 fu l’anno del Giubileo. Il Papa era Giovanni Paolo II. Leone XIV era padre provinciale di Chicago. Dopo 25 anni la storia si ripete: tra Castel Volturno e Appiano Gentile sono tutti in conclave.

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