IL RICORDO – 17 luglio 1994: “Sempre e per sempre Roberto Baggio”.

547

di Danilo Sandalo

“Uno sguardo verso il cielo, dove il sole è meraviglia
Dove il nulla si fa mondo, dove brilla la tua luce”, Le Orme

Il 17 luglio 1994 è una data apparentemente come tante, in effetti lo sarebbe anche, ma così non è perché questa ricorrenza ha un sapore particolare, dal retrogusto agrodolce, fatto di ricordi e cicatrici indelebili quanto visibili: viene quasi incredibile poter credere di come un semplice numero, appartenente allo scandire cronologico del tempo in un calendario, possa suscitare così tante sensazioni ed emozioni a distanza di tanto tempo.
Una giornata che passerebbe tranquillamente inosservata, ma che, contrariamente, riporta indietro a molti anni or sono, riproponendo uno sconforto ancora vivo in ognuno di noi: stiamo parlando della finale dei campionati del mondo di USA 94 tra Italia e Brasile, vinta dai verdeoro ai calci di rigore.
Un evento già di per sé che porta tristezza, vista la sconfitta della squadra azzurra, ma come se non bastasse, in un contesto degno del peggior atto d’ inquietudine, teso a manifestarsi con primordiale astuzia, arriva il “dramma nel dramma”: il rigore decisivo tirato alto dall’ uomo più rappresentativo della compagine italiana, il piccolo Budda, il Raffaello, colui che faceva entusiasmare gli animi di chiunque non solo per le sue giocate e che è uno dei personaggi, ancora oggi, più conosciuti al mondo: Roberto Baggio.
Una tragedia sportiva che ancora oggi, Roby Baggio, non riesce a spiegarsi, una ferita tutt’ ora aperta, così come ha avuto di dichiarare lui stesso in più di un’ occasione.
Un evento tragico che restituisce al Divin Codino i tratti dell’ umano, riportandolo sulla terra tra i comuni mortali un ragazzo venerato da tutti come una divinità nonostante la sua semplicità.
Forse è stata proprio questa la dote che ha permesso a Baggio di essere così acclamato in tutto il mondo.
E di questo, Lui, il numero dieci più famoso ed importante d’ Italia, ne è sempre andato fiero ricambiando a suon di gol e prestazioni l’ affetto, la stima e l’ amore della gente.

Era il 1994, il mondo stava cambiando e anche l’ Italia era incline quanto succube a questo cambiamento che potremmo definire EPOCALE.
Qualche mese prima Silvio Berlusconi era diventato presidente del Consiglio, passando dalla “discesa in campo” del gennaio 1994 alla vittoria delle elezioni del marzo dello stesso anno, e già questo potrebbe bastare per capire l’ importanza di tali cambiamenti e lo sconvolgimento che gli stessi hanno provocato negli usi e costumi dell’ intero Paese, come del resto abbiamo potuto constatare negli anni a venire.
C’ era ancora il Festivalbar, si cantava “Come mai” degli 883 e si ballava con “Rythm of the night” di Corona, ma qualcosa nell’ aria già si percepiva e nel giro di qualche decennio ne avremmo avuto conferma con l’ avvento di internet, i cellulari e tutti i loro surrogati che hanno reso la nostra vita sempre più piatta, piccola e vuota, plastificando le nostre passioni ed emozioni, rendendo sempre meno luminoso il nostro modo di stare al mondo.
Nella finale mondiale del 1994 ed in generale in tutto lo svolgimento del torneo iridato vi sono dei veri e propri segnali di come questo cambiamento fosse in atto, quasi fosse stato deciso dall’ alto, da un ‘ elite privilegiata al dominio del mondo, decisa a dimostrarlo a tutti in mondovisione, per mezzo di un evento che è l’ espressione della popolarità per antonomasia.
Un esempio su tutti è l’ episodio riguardante la squalifica per doping di Diego Armando Maradona, braccato a fine gara da un’ infermiera per andare a sottoporsi al test antidoping dal quale ne uscirà positivo: una sorta di percorso verso il patibolo, accompagnato verso la “morte” e dato in pasto al pubblico di tutto il mondo.
Vittima sacrificale di chi prima lo ha usato per un tornaconto personale per sponsorizzare questi mondiali e poi ha deciso di farlo fuori perché “pericoloso” di poter trionfare, non solo sul campo, ma con le sue idee di libertà e ribellione.
Un uomo fuori dagli schemi,  mai domo nella lotta contro le ingiustizie ed i rappresentanti del potere, sempre dalla parte dei più deboli ai quali riuscì, con il suo estro e carisma, a regalare gioie riuscendo a diventare un “Messia” per il suo popolo, per quello napoletano ma anche per tutti coloro che lottavano ogni giorno contro le ingiustizie, anche solo per garantire un pezzo di pane alla propria famiglia.
Un altro grande segnale indice di questi cambiamenti è sicuramente il rigore che Roberto Baggio calciò alto nel caldo torrido ed infernale dell’ ultimo atto tra Italia e Brasile che si tenne domenica 17 luglio 1994 a Pasadena.
Una partita infuocata, non tanto per lo spettacolo che fu abbastanza “piatto”, quanto per la scellerata scelta dell’ orario decisa dalla FIFA per lo svolgimento della finale: le 12:30 locali (le 21:30 italiane).
A differenza di Maradona però, l’ episodio che ha visto protagonista il “piccolo Budda” italiano può e deve essere visto in altra chiave interpretativa.
Infatti mentre con l’episodio del “Pibe” era sembrato quasi che si volesse mettere a tacere un personaggio “scomodo”, con Baggio l’ impressione invece è tutt’ altra, con un ribaltamento delle condizioni: il rigore che il Divin Codino spedisce alto nell’ inferno di Pasadena sembra quasi calciato appositamente verso Dio per omaggiarlo della bellezza degli anni che si apprestavano a finire.
Quel 17 luglio 1994, pertanto, diviene una data storica, con quel pallone lanciato verso il cielo.
Finisce la nostra infanzia, la nostra ingenuità e forse anche la nostra voglia di sognare (probabilmente per la seconda volta: la prima era stata con la semifinale persa ad Italia 90, e se è vero che due indizi fanno una prova…) o di poter vedere realizzati i nostri sogni.
Ma, seppur con tanta tristezza in cuore per il risultato sfiorato e per il tempo inesorabilmente passato, è bello poter almeno pensare che Roberto Baggio in quel momento abbia voluto fermare per sempre quel “nostro tempo”, creando uno spartiacque spaziotemporale nel quale potersi rifugiare ogni qualvolta lo avremmo voluto e desiderato per vivere ancora le emozioni pulite che solo quegli anni andati ci hanno saputo regalare.
E allora caro Roby ti siamo tutti grati, anche e soprattutto, per quel rigore calciato nel cielo di Pasadena perché ha reso memorabile la nostra infanzia e unica la nostra vita, facendoci capire e apprezzare la bellezza, la forza, la potenza e l’ immensità del cielo dove senza dubbio “il sole è meraviglia” ma principalmente “brilla la tua luce”.
E vada per il risultato, ciò che importa è che oggi, a distanza di 29 anni, siamo qui a ricordare con gioia un evento che non ci portò felicità nell’ immediato, ma che ricordiamo con tutti con grandissimo affetto.
Una sorta di controsenso che però aumenta ancora di più i contorni di magia che ruotano intorno alla figura di Roberto Baggio e quello che è riuscito a trasmettere alla gente con la sua bellezza ed umiltà.
A distanza di così tanto tempo le emozioni sono rimaste intatte, così come la gratitudine verso l’ uomo ed il calciatore, segno evidente che, al di là dei risultati e degli eventi, caro Divin Codino “Sempre e per sempre dalla tua parte ci troverai”.