Napoli, fantacalcio: quanti infortuni sulla fascia sinistra

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La corsia di sinistra completamente azzerata. E il primo a farsi male era stato Kvaratskhelia

C’era una volta… Perché le favole cominciano sempre così. E fino a quando non compare il lupo, o non s’avverte il rumore d’un “nemico”, si riesce a vivere persino felici e contenti. Ma comunque c’era una volta la corsia di sinistra, una terra da conquistare in cui galoppavano fieri e orgogliosi uomini di ogni levatura e grado: poi, un bel giorno, dai cespugli che il destino sistema a bordo campo, c’è scappato l’agguato della sorte. C’era, per dirne uno, Mathias Olivera, con l’andatura altera, l’eleganza d’un principe e la sontuosa fisicità per sentirsi protetti da una guardia del corpo: ma il calcio, che sa essere perfido, un pomeriggio gli ha messo lo sgambetto e così, all’improvviso, per abbeverarsi è servito il mate. Olivera è uscito dal Napoli il 24 gennaio, lesione distrattiva del muscolo soleo della coscia sinistra, s’è raggomitolato nel suo dolore e ha cominciato a pensare all’Inter, orizzonte ancora opaco. 

Tiri mancini

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Ma se la fortuna è cieca, la sfortuna – come dicono a Castel Volturno – ci vede benissimo e, non appena l’uruguaiano s’è accomodato in infermeria, tre partite dopo ha puntato, mirato e colpito al polpaccio di Leonardo Spinazzola, la freccia risistemata su quel binario per l’occasione e poi trascinata di peso in “officina” per una lesione del medio gluteo destro che l’ha costretto a guardarsi Napoli-Udinese dalla poltrona del salotto di casa. I tiri mancini, va da sé, possono venire (soprattutto) da quella zona, per semplice affinità si direbbe, ma prima ancora che David Neres si arrendesse, in quel traffico era comunque possibile orientarsi, lasciandosi guidare dalle mille luci di Khvicha Kvaratskhelia, la star capace di illuminare d’immenso nella penombra con una finta, una veronica, una volée: le ragioni del cuore, che stanno dalle parti del portafoglio e dunque del conto in banca, hanno spostato l’argomento e quel genio, colpito da improvvisi mal di pancia a fine dicembre (niente Fiorentina e Verona), il 15 gennaio s’è ritrovato epicentro d’una diaspora dolorosa ma anche no, perché si sa che poi i soldi mica sono tutto. E comunque, poco dopo, per favorire questa dispersione d’elementi capaci di ondeggiare a sinistra, nella rivoluzione d’un mercato possente c’è entrato Alessio Zerbin, intravisto per 2’ effettivi e però un’opportunità estrema. Ma su quella dorsale, per dirla tutta, in teoria c’era pure Mario Rui Silva Duarte, per Spalletti “il professore”, 227 presenze, uno scudetto e una Coppa Italia con il Napoli e una risoluzione che il 30 dicembre ha anticipato i botti di San Silvestro per chiunque, visto che ormai a Castel Volturno vivevano da separati in casa. La sorte è una canaglia, s’applica nelle fasce deboli e Neres, praticamente l’ultimo esponente per quella verticale in sui sprigionare rapidità, s’è fermato proprio quando nn ci voleva, lasciando adesso a Raspadori la possibilità di cogliere al volo un’occasione che gli appartiene pure per vocazione, non solo per talento. Ma intanto, dando uno sguardo al cielo, Conte può invocare l’aiuto degli dei: gli restituissero almeno con la Lazio Alessandro Buongiorno, professione difensore centrale, così almeno giocherellando con i dadi avrebbe comunque almeno la tentazione di inventarsi un ballottaggio, Juan Jesus o Mazzocchi, esterni bassi e fronteggiare i “sinistri” della vita.

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