di Danilo Sandalo
“Il dieci è il numero della poesia”, mai frase fu più vera per descrivere la vera essenza del giocatore che porta sulle spalle questo numero.
La ritroviamo nell’ introduzione di “Diez: l’ atlante dei numeri dieci” di Umberto Zimmari che in questo libro ci parla di storie e aneddoti legati all’ estro di questi giocatori che rappresentano la fantasia, l’ arte, la magia, l’ impossibile che diviene possibile, una dimensione quasi onirica che più che gioia regala estasi e bellezza quasi quanto una scultura di Michelangelo o un quadro di Van Gogh.
Il “Dieci” ha da sempre rappresentato tutto ciò, il giocatore fuori dagli schemi, quello che in una partita può toccare un pallone e trasformarlo in magia e trasportare la passione dei tifosi oltre i confini della propria immaginazione.
E’ quel giocatore da cui ci si aspetta tutto, ma al quale non si chiede mai niente e, soprattutto, non gli si rimprovera mai nulla.
Oggi i numeri dieci sono diventati merce rara, argomento in via di estinzione, per via di un calcio votato più alla spettacolarizzazione del prodotto che allo spettacolo, i lampi di genio sono quasi “vietati” e se un giocatore osa un dribbling viene visto quasi come un eretico, che da tale fa una scelta, quella di osare o semplicemente di dare retta alle sue attitudini, ma finisce per subire il processo subito dopo sia sui giornali che negli studi televisivi, perchè il calcio moderno, come la società odierna, mira come già affermato al prodotto e di conseguenza al business in una sorta di circolo vizioso, figlio di un pensiero post capitalista e piccolo borghese che prima o poi porterà al collasso tutto il sistema e a farne le spese saranno senza dubbio i tifosi privati per sempre della bellezza che questo sport e questi calciatori possono regalare: l’ imprevedibilità della vita.
Umberto Zimarri (foto)
L’AUTORE – Umberto Zimmari classe 1989 è un Ingegnere Gestionale e avora nel settore della sostenibilità ambientale. Nel 2012 segue con successo il corso CONI – FIGC per istruttore di scuola calcio e nel 2020 il corso S.I.C.S per match-analyst. Nel week-end spesso lo trovate in qualche isolato e remoto campo di provincia, in veste di allenatore amatoriale. Co-Fondatore dell’Associazione Culturale
L’Indifferenziato, ideatore del network “Garra e Fantasia” e dei podcast, “Futbolandia”, “Ecosportivamente” e “Best Goal”. Ha collaborato nella realizzazione del “Festival dello Sport Raccontato” e di programmi televisivi e radiofonici a tema calcistico.
Sogna un viaggio in Sud America e pensa che lo sport sia una delle chiavi per raccontare la storia e conoscere il Mondo.
Con lui abbiamo discusso (video) su come nasce l’ idea del libro, parlato di grandi numeri dieci italiani ma con un occhio di riguardo anche a quelli nati in Puglia, dal Salento alla Terra Daunia, che ancora oggi rimangono i tre più grandi esponenti e mai dimenticati di questo ruolo, stiamo parlando di Fabrizio Miccoli, Antonio Cassano e Pietro Maiellaro.
Di seguito le domande relative proprio ai tre talenti pugliesi ma anche una considerazione sul campionato di Lecce e Bari e su chi vincerà il campionato di Serie A.
Il resto dell’ intervista la potrete vedere nel video a fondo pagina o direttamente sulla pagina di Garra & Fantasia che vi invito a seguire.
Umberto, ci può essere una connessione tra il calcio sudamericano e quello del Sud Italia in particolar modo quello pugliese? Non è un caso che il tifo leccese degli anni 80/90 spesso ricordava le platee argentine e non è un caso che gente come Beto Barbas (e non solo) a Lecce abbia trovato il suo habitat naturale facendo infiammare il Via del Mare in quegli anni neanche fosse la Bombonera.
Sì, secondo me può esserci una particolare connessione tra il Sud Italia e il Sud America. Maurizio De Giovanni descrive Napoli come “l’unica città sudamericana fuori dal Sud America”, e questa affermazione può essere un ottimo punto di partenza per esplorare i parallelismi, in particolare con il calcio pugliese.
Il calcio pugliese, come quello sudamericano, è caratterizzato da una passione viscerale e da un fortissimo legame con il territorio, elementi tipici del fútbol nato lungo il Rio de la Plata. Il tifo si sviluppa attraverso una connessione quasi religiosa con la squadra, un sentimento che va oltre il semplice sostegno sportivo. Anche in questo caso, il termine “religioso” non è casuale, perché rappresenta il fervore e la sacralità che i tifosi attribuiscono alla loro squadra del cuore.
Le tifoserie pugliesi, così come quelle argentine o uruguaiane, sono note per essere particolarmente calde, capaci di creare coreografie spettacolari e di trasformare lo stadio in un vero e proprio teatro dell’identità collettiva. Il calcio, in entrambi i contesti, è stato spesso visto come un mezzo di riscatto sociale, un’opportunità per rispondere a condizioni socio-economiche difficili. Gli stadi diventano così non solo luoghi di sport, ma anche simboli di un’identità che si afferma e si riscatta.
Infine, c’è l’elemento della “garra”, ovvero quella grinta, determinazione e scaltrezza che i giocatori mettono in campo per ribaltare i pronostici contro avversari più quotati o economicamente più forti. Questo spirito combattivo è un altro tratto che accomuna il calcio sudamericano a quello del Sud Italia, dove la passione supera ogni ostacolo e dove le difficoltà diventano una motivazione per fare meglio.
Un parere su tre grandi giocatori pugliesi: Pietro Maiellaro, grande fantasista del Bari anni a cavallo tra gli anni 80′ e 90′, Fabrizio Miccoli, il Romario del Salento, e Antonio Cassano El Pibe di Bari Vecchia. Ecco, questi possono essere tre grandi esempi di questa connessione di cui abbiamo parlato.
Oltre a questi citati, dei dell’ Olimpo calcistico pugliese e non solo, ve ne sono altri?
Con i tre giocatori citati nella domanda, il parallelismo con il Sud America diventa quasi naturale. Pur essendo pugliesi di nascita, esprimono un calcio che sembra provenire da altre latitudini, come testimoniano i loro celebri soprannomi:
Maiellaro, il “Maradona di Provincia”,Miccoli, il “Romario del Salento”, Cassano, “El Pibe di Bari Vecchia”.
Sono tutti giocatori esuberanti, dotati di una tecnica sopraffina e di una capacità di improvvisazione che li rendeva imprevedibili in campo, proprio come i grandi campioni sudamericani.
Maiellaro era il più “regista” dei tre, il classico “10” degli anni ’80. Aveva una visione di gioco straordinaria e la capacità di dettare i tempi, qualità che richiamano i grandi fantasisti argentini. La sua eleganza e il suo tocco raffinato lo rendevano un vero artista del pallone, capace di trasformare ogni azione in qualcosa di unico. Un po’ a sorpresa qualcuno mi ha chiesto di lui durante le presentazioni di Diez.
Miccoli, con la sua straordinaria capacità balistica, era un cecchino infallibile. Le sue reti dalla distanza, spesso accompagnate da traiettorie impossibili, rimangono iconiche. Il paragone con Romario non è casuale: entrambi avevano un baricentro basso, una tecnica incredibile e la capacità di risolvere le partite da soli. Miccoli era un attaccante micidiale.
Cassano è l’ultimo grande diez italiano, il più completo e probabilmente il più forte dei tre. Il suo talento naturale era straordinario, capace di giocate geniali e intuizioni che pochi al mondo potevano immaginare. L’Europeo del 2012 rimane uno dei suoi momenti più memorabili, dove ha mostrato il meglio del suo repertorio. Tuttavia, Cassano rappresenta anche il grande rimpianto: un talento smisurato che, per via del suo carattere e delle scelte di vita, non ha mai raggiunto del tutto il suo potenziale. È impossibile non pensare a cosa avrebbe potuto essere con maggiore continuità e disciplina.
Per finire una domanda di attualità: la prima su chi vincerà il campionato e la seconda su come andrà a finire il campionato delle pugliesi in particolar modo di Lecce e Bari.
Sui pronostici non sono ferratissimo. Considerando l’attuale vetta della classifica ed una sfida a 3 tra Atalanta, Inter e Napoli dico che mi piacerebbe la vittoria degli uomini di Gasperini. In un Paese che non sa programmare, specialmente nel calcio, significherebbe molto. Potrebbe essere un grande esempio ad ogni livello. Uno scudetto che torna in Provincia in maniera completamente diversa rispetto al passato.
Sul Lecce mi sembra evidente che la cura del Maestro stia funzionando. La squadra è attiva e reattiva, quindi se continua con questo trend sono sicuro si salverà.
Per il Bari vedo un campionato più o meno in linea con la posizione attuale. Una zona play-off. Visto il ritmo forsennato delle tre davanti bisogna capire se effettivamente si faranno alla fine…o ci saranno tre promozioni dirette.