COMUNICATO UFFICIALE N. 345/L del 28 Giugno 2022
LEGA PRO
Puntuale, è arrivata l’ufficialità: Pietro Pellegri è un attaccante tutto del Torino. Nel pomeriggio il club granata ne ha annunciato l’acquisto dal Monaco attraverso una nota pubblicata sul proprio sito: “Il Torino Football Club è lieto di annunciare di aver acquisito dall’Association Sportive de Monaco Football Club, a titolo definitivo, il diritto alle prestazioni sportive del calciatore Pietro Pellegri – si legge sul comunicato della società granata – Tutto il Torino Football Club abbraccia calorosamente Pietro”.
L’accordo totale tra il Torino e il Monaco era stato già raggiunto da una decina di giorni: il direttore tecnico granata, Davide Vagnati, ha anticipato i tempi portandosi a casa il centravanti italiano più interessante della sua generazione (è nato nel 2001, è il numero 9 della Nazionale Under 21). Vagnati ha trovato una valida…
Sono cinque i professionisti individuati che comporranno il nuovo CdA della Reggina 1914. Ad affiancare il già annunciato Presidente Marcello Cardona, vi sarà il Dott. Paolo Castaldi nel ruolo di Amministratore Delegato, il Dott. Filippo Brunori alla direzione Amministrazione Finanza e Controllo, l’Avv. Cristiano Di Giosa e l’imprenditore Angelo Ferraro.
Gabriele Martino ricoprirà il ruolo di direttore generale dell’Area Tecnica del Club in sinergia con il direttore sportivo Massimo Taibi, il direttore generale dell’Area Corporate sarà Ivan Rizzuto.
“Il risultato che abbiamo raggiunto – ha dichiarato il Presidente Cardona – assieme al patron Felice Saladini è quello di aver riunito una eccellente squadra per garantire da subito una nuova era alla Reggina 1914’’.
Domenica 18 giugno 1972, l’Umbria, una delle regioni più piccole del nostro Paese con 775.000 abitanti quell’anno, si scopriva grande in uno dei microcosmi più popolati d’Italia: il calcio.
Esattamente 50 anni fa per la prima volta nella storia del calcio italiano l’Umbria portava una sua rappresentante in Serie A. E lo faceva grazie alla Ternana, la squadra della provincia più piccola, contro ogni pronostico e nel modo più spettacolare possibile.
Due gli artefici di questo miracolo in salsa umbra: Giorgio Taddei e Corrado Viciani. Il primo, all’epoca 46 anni, imprenditore nato a Terni e protagonista con il fratello Gabriele ed il cugino Cesare della Ricostruzione della città. Una città uscita a pezzi moralmente ed economicamente dalla Seconda Guerra Mondiale.
Il secondo, Corrado Viciani, al tempo 43 anni, era nato a Bengasi, nella Libia che era colonia d’Italia ma poi cresciuto nella sua effettiva terra d’origine, la Toscana, a Castiglion Fiorentino per la precisione. Aveva trovato fortuna tirando calci a un pallone ed aveva girato il Paese in lungo ed in largo, tanto come calciatore quanto come allenatore.
Da calciatore non aveva lasciato il segno, tant’è che la Fiorentina del quinquennio 1948-1953 fu il suo apice massimo. Da allenatore, invece, si era segnalato da subito come un anticipatore dei tempi.
Parte dalla Fermana, poi alla Sangiorgese, ma è cambiando una consonante al nome della squadra della sua prima esperienza, quindi alla Ternana, che troverà la gloria nel 1967-1968, con la prima storica promozione, sul campo, in Serie B.
Dopo un paio di esperienze, non eccelse con Atalanta e Taranto, nel 1971 Giorgio Taddei gli affida di nuovo la panchina della Ternana mettendogli a disposizione una rosa di onesti operai del pallone.
“Avevo degli asini come giocatori – raccontò anni dopo Corrado Viciani – non potevo permettermi lanci lunghi, invenzioni, fantasie. Bisognava correre, fare passaggetti facili facili, sovrapporsi”.
Nasce così il cosiddetto gioco corto, da una necessità dovuta a carenze tecniche si opta per un approccio che è vicino paradossalmente al contrapposto calcio brasiliano tutto , ma giocato con velocità e soprattutto intensità.
Un calcio che sorprende tutte le avversarie della Serie B 1971-1972, molto più quotate sulla carta di quella Ternana guidata da Viciani.
Dalla Lazio di Tommaso Maestrelli, che da lì a due anni sarà Campione d’Italia, al Palermo di De Grandi, passando per il Novara di Carletto Parola. Proprio lui quello della rovesciata iconica stampata sulle bustine delle figurine e degli album Panini.
Senza dimenticare il Cesena di Gigi Radice, anche lui Campione d’Italia, ma nel 1975-1976, con il Torino, il Como di Eugenio Bersellini, colui che porta al titolo l’Inter nel 1979-1980 ed, ovviamente, gli acerrimi rivali del Perugia di Guido Mazzetti.Un parterre de rois.
La Ternana chiude il campionato di Serie B 1971-1972 al primo posto assoluto con 50 punti su 76 a disposizione frutto di 18 vittorie, 14 pareggi e solo 6 sconfitte. Salgono in Serie A anche la Lazio, seconda con 49 punti ed il Palermo terzo a 48.
Le Fere del gioco corto vanno in testa, in solitaria, alla sesta giornata, il 31 ottobre 1971 grazie al pareggio con la Reggina ed al contemporaneo ko del Bari, 2-0 a Palermo e ci resteranno fino al celebre 18 giugno 1972.
Grazie alla vittoria al Libero Liberati contro il Novara per 3 a 1, quel giorno viene inciso nella storia del calcio umbro. Le firme storiche sono di Valle, Cardillo e Marina, calciatori che hanno permesso alle Fere di coronare il sogno di intere generazioni di tifosi.
La Ternana del gioco corto non ha un attaccante principe, fattore spesso decisivo in cadetteria, ma è una vera cooperativa del gol. Cannonieri Cardillo e Cucchi con 8 reti seguiti da Capitan Marinai a 7, Russo a 4, Marchetti a 3 ed altri nove calciatori con uno e due gol a testa.
C’è un film che esce proprio nella stagione 1971-1972 e si presta bene al genere di impresa sostenuta da quella Ternana di Viciani: “La Classe Operaia va in Paradiso”.
L’avvicendamento di André Onana al posto di Samir Handanovic come portiere dell’Inter è scritto, ma non imminente. Nella stagione 2022-2023 entrambi gli estremi difensori faranno infatti parte della rosa di Simone Inzaghi e si tratterà di un’annata di transizione: entrambi partiranno sostanzialmente alla pari al raduno di Appiano Gentile e poi l’allenatore valuterà di volta in volta chi schierare, forse alternandoli o forse suddividendoli per competizione. Con il doppio obiettivo di minimizzare le scosse di assestamento del camerunese in un nuovo campionato e di preparare lo stesso ex Ajax per la futura titolarità.
Con molta probabilità se 30 anni fa fossero esistiti i social, ad ogni riferimento sul calcio giocato dall’Olanda di Johan Cruijff e quindi il “calcio totale” da cui Pep Guardiola ha preso ispirazione nella prima parte della sua carriera, si sentirebbe parlare in egual misura in Italia di Ezio Glerean, allenatore che ha letteralmente ricalibrato storia e ambizioni di una piazza come Cittadella, abituata a lottare per la permanenza nella vecchia C2.
Una scalata, quella del tecnico classe ’56, che ricorda quanto il calcio sappia essere democratico e affine ad una struttura narrativa tanto cara a molti scrittori e registi, quella del viaggio dell’eroe: partito dalla seconda categoria, arrivato tra i professionisti, con il mantra delle idee e dei principi di gioco come strumento per i risultati.
Nessuna scorciatoia, “solo” lavoro con costanti iniezioni di passione. L’occasione per essere ricordato arriva nella stagione ’96-’97, quando comincia l’avventura che porterà poi Glerean a essere protagonista sulla panchina del Cittadella con un gioco “all’olandese”.
Nel corso delle 6 stagioni vissute con i veneti, Glerean porta il club dalla C2 alla B, ma soprattutto apre le porte su una nuova dimensione tattica, fino a quel momento inesplorata: il suo famoso 3-3-4, sistema di gioco con una gestione degli spazi accostabile – con le opportune proporzioni al 3-3-1-3 che ha reso eterna e quasi imbattibile l’Ajax, seppure con principi di gioco differenti.
L’accostamento non è puramente casuale, come ammesso dallo stesso Glerean che ebbe modo di osservare da vicino per tre mesi nel 1987 il metodo di lavoro di Cruijff. Lì partì la definitiva rivoluzione nella testa prima, nelle squadre poi, del tecnico, che forgiò qualche anno dopo un Cittadella aggressivo, feroce ma attento a non rompere il concetto di equilibrio.
Quel Cittadella era una squadra corta, dove i difensori accettavano l’uno contro uno e la necessità di difendere a campo aperto, con gli attaccanti cinici e i centrocampisti strutturati. Gol a grappoli, tanta innovativa nelle scelte ma soprattutto nell’approccio alle partite. Modus operandi che porta i granata in Serie B, dove militeranno nel 2000-2001 e nel 2001-2002, prima di retrocedere, ma quest’epilogo non svalutò, né svilirà, la portata del lavoro di Glerean.
La carriera del tecnico sembrava essere in procinto di decollare, dato che arrivò l’opportunità Palermo, ma le cose andarono diversamente, dato che Glerean fu il primo allenatore di una serie discretamente lunga, esonerato dal compianto presidente Maurizio Zamparini, all’esordio come numero uno rosanero proprio nella stagione 2002-2003.
Da quel momento per Glerean comincia una fase complicata del proprio percorso, dove probabilmente paga l’integralismo e la fervente volontà di non venire meno ai propri principi umani e operativi. Ritrova serenità e continuità a Bassano, dove disputa tre ottimi campionati di Serie C2 ma, dopo la parentesi a Cosenza del 2009-2010, si allontana dai radar del grande calcio.
Tutti, a un certo punto della vita, tornano nella propria Itaca.
Infatti, il ritorno in panchina nel 2017 avviene per rispondere positivamente alla chiamata del Marosticese in Eccellenza. Una compagine che per Glerean non è come tutte le altre, dato che è proprio da lì che partì il suo viaggio. Glerean è un personaggio diverso dagli altri, un prototipo di allenatore troppo moderno per i primi anni del 2000, quasi fuori luogo in quel momento storico, ma che probabilmente avrebbe trovato il suo habitat naturale nel linguaggio e nel tatticismo del professionismo attuale.
La storia del Cittadella però non potrà mai dimenticare il marchio e l’impatto di Ezio Glerean, e i tifosi non dimenticheranno mai quella squadra che amava giocare corto e che si serviva del possesso palla come espediente per creare un “uomo in più”.
Credits: sito ufficiale Cittadella e pagina social di Ezio Glerean
La Roma ha un nuovo direttore sportivo. Uno degli scout giallorossi, Mauro Leo, è stato promosso e sarà un vice-Tiago Pinto: si occuperà soprattutto dei prestiti giallorossi e delle cessioni, con riferimento particolare ai giovani. Leo nell’ultimo decennio ha lavorato, con mansioni soprattutto di scout, per Novara, Trapani, Juventus, Inter e, dallo scorso anno, per la Roma. Ora prende sostanzialmente il posto di Morgan De Sanctis, diventato responsabile del mercato per la Salernitana.
Tiago Pinto, naturalmente, resterà l’uomo di riferimento per tutte le decisioni strategiche del mercato giallorosso, mentre José Fonte, Javier Weimar, Alessio Scarchilli ed Enrico Paresce sono stati confermati come gruppo scouting.
Leo allunga l’elenco dei dirigenti di formazione…